Torraccia del Piantavigna: focus Nebbiolo

Il dominus della cantina nel Nord del Piemonte Alessandro Francoli e l’enologo Mattia Donna hanno condotto una degustazione in verticale tra Ghemme e Gattinara, che ha parlato soprattutto di territorio e dell’unicità di queste zone.
Non chiamiamola tipicità: perché quando l’ambiente è una porzione di terra tra vulcano e Alpi, qualcosa di magico è destinato ad accadere. E i vini, vero autoritratto dei luoghi, dei tempi e dei modi, nascono permeati e modellati da tanta bellezza. Si arriva a Ghemme in cantina e si rimane incantati dai luoghi: il vento è il sentimento di una giornata di primavera. Senti-vento: l’arco alpino, le vigne, la cantina dove il vino matura, in una partnership importante con il legno e tra legni di dimensioni diverse. Silenzio: nelle botti il vino è una meravigliosa Bella Addormentata che sta cercando il suo equilibrio. Proseguirà in bottiglia, per poi arrivare sulla tavola degli estimatori di queste grandi espressioni di nebbiolo.

La cantina Torraccia del Piantavigna
Ha origine negli anni Cinquanta, quando Pierino Piantavigna mise a dimora un piccolo vigneto sulle colline di Ghemme, nei pressi del castello seicentesco di Cavenago. Il nome dell’azienda, nato molti anni dopo, trae ispirazione dalla Torraccia, una collina a nord del castello, amata da Pierino per la sua esposizione ottimale e la forma quasi circolare. La presenza di una vecchia torre in stato di abbandono ha favorito ulteriormente la scelta del nome. Nel 1997, il nipote di Pierino, Alessandro Francoli, presidente delle Distillerie Francoli, fondò ufficialmente Torraccia del Piantavigna, trasformandola in un’azienda moderna e apprezzata. L’azienda è a Ghemme, nell’Alto Piemonte, ai piedi del Monte Rosa, e vanta una superficie di 40 ettari coltivati con vitigni autoctoni come nebbiolo e vespolina: ed è su questi nativi che si concentra la degustazione in programma. Qui vengono vinificati, affinati e imbottigliati vini rossi, bianchi e rosa di alta qualità, tra cui spiccano il Ghemme e il Gattinara DOCG. L’azienda ama il territorio dove opera e promuove valori fondamentali come il rispetto per la comunità e l’ambiente. Questo impegno le è valso il premio Eco-friendly del Touring Club Italiano nel 2014, 2017 e 2018. Nel 2015, la famiglia Ponti, anch’essa originaria di Ghemme e proprietaria della storica azienda leader nella produzione di aceti e conserve, è entrata nella compagine della cantina: si tratta di una collaborazione nata da un rapporto consolidato nel tempo, in quanto la famiglia Ponti aveva già affidato a Torraccia la gestione dei propri vigneti.

I vigneti
I vigneti di Torraccia del Piantavigna sono caratterizzati da una varietà di terreni ed esposizioni che conferiscono unicità ai suoi vini. Dal vigneto Gerbidoni, con il suo terreno vulcanico e pendenze moderate, al vigneto Lurghe, situato sulla sommità della collina, fino al vigneto Maretta, che sfrutta la terrazza fluvio-alluvionale, ogni zona ha caratteristiche che permettono la produzione di vini pregiati. L’azienda fa ricorso a pratiche agronomiche a basso impatto ambientale, rispettando la natura del territorio.

Le uve
Torraccia del Piantavigna produce i suoi grandi vini rossi utilizzando le varietà storiche dell’area delle Colline Novaresi: il nebbiolo e la vespolina. Il nebbiolo, nonostante la sua limitata diffusione dovuta alle difficoltà di coltivazione, alla bassa resa e alla scarsa adattabilità a terreni diversi da quelli originari qui è presente nell’intero areale: la vite ha una crescita lenta, è la prima a germogliare e l’ultima a maturare. Questa peculiarità la rende più esposta alla variabilità delle condizioni ambientali, ma anche alla luce, che favorisce lo sviluppo di caratteristiche più complesse nell’uva. Grazie all’alto contenuto di zuccheri, acidi e polifenoli, il nebbiolo è particolarmente adatto a vini destinati a un lungo invecchiamento. In epoca di vendemmia, il grappolo è di taglia media o medio-grande, di forma piramidale e piuttosto compatto. L’acino è medio-piccolo, rotondo o ellissoidale, con una buccia non particolarmente spessa ma consistente. La vespolina è un vitigno nativo dell’Alto Piemonte, spesso utilizzato in assemblaggio con il nebbiolo per conferire ai vini maggiore colore, morbidezza e note speziate. Si caratterizza per la sua maturazione precoce e per la capacità di adattarsi a diversi tipi di terreno, mantenendo comunque una buona acidità e un profilo aromatico caratteristico.

Ghemme e Gattinara DOCG
Il Ghemme è ottenuto principalmente da uve nebbiolo (90%) con l’aggiunta di vespolina (10%): i vigneti destinati alla produzione del Ghemme DOCG sono situati su terreni fluvio-alluvionali argillosi a reazione acida, che conferiscono al vino una struttura unica. La coltivazione avviene con metodi eco-compatibili, riducendo al minimo l’uso di agenti chimici, e la vendemmia è effettuata manualmente per preservare l’integrità delle uve. Il processo di vinificazione prevede una macerazione tradizionale delle bucce, seguita da fermentazione malolattica. L’invecchiamento minimo è di tre anni, di cui almeno sei mesi in bottiglia prima della commercializzazione. Questo lungo affinamento contribuisce a sviluppare le caratteristiche organolettiche tipiche del Ghemme. Il Gattinara è un vino elegante che esprime un equilibrio tra note decise e di grande personalità. Il suo terroir è dedicato alla viticoltura da oltre sette secoli. Un affresco del XIV secolo sulla porta della chiesa di Gattinara raffigura uve nebbiolo, testimoniando l’importanza storica della viticoltura nel territorio.
Il terroir
Un paesaggio collinare con la maestosa vetta del Monte Rosa sullo sfondo: 4.637 metri di altitudine per la seconda montagna più alta d’Europa. Questa imponente cima funge da barriera naturale contro i venti freddi provenienti dal Nord Europa, mentre le valli alpine, grazie alla presenza di ghiacciai perenni, beneficiano di un’adeguata ventilazione, temperature mediamente più fresche e significative escursioni termiche, fattori che contribuiscono a esaltare il profilo aromatico dei vini. Morene, sabbie e porfidi conferiscono al terreno un’elevata acidità, con affioramenti sedimentari dalle sfumature differenti: ghiaia ricca di ferro e magnesio. E ancora: sedimenti marini su fondi alluvionali, dove affiorano rocce di origine vulcanica dai colori magnetici. Qui il nebbiolo, vitigno complesso e capriccioso che mal si adatta ad ambienti che non gli appartengono, ha trovato casa. E in partnership con la vespolina sembra dare il meglio di sé. Un clima fresco con escursioni termiche più marcate rispetto ad altre aree e la componente vulcanica regalano infine ai vini una freschezza eccezionale.

Il Supervulcano
In queste zone giace un gigante addormentato, un’antica forza della natura che ha scolpito il paesaggio e lasciato la sua impronta nei vini di questa terra. Il Supervulcano della Valsesia, uno dei più antichi e rari al mondo, che ha abbandonato l’attività milioni di anni fa, ma che conserva il suo spirito indomito e selvaggio, che aleggia tra i vigneti che ricoprono l’antica caldera. Qui la terra ribolliva di magma incandescente, le esplosioni scuotevano il cielo e il vulcano eruttava con una potenza inimmaginabile. Poi il sonno: il vulcano si è spento, sprofondando e collassando su sé stesso. Ma nei millenni successivi il tempo ha trasformato questa ferita geologica in una culla perfetta per la viticoltura, rendendo questo terroir del tutto unico. Le radici dei vigneti affondano in questi suoli di origine vulcanica: un vero e proprio patchwork geologico ricco di minerali, porfidi e graniti, che donano ai vini un’energia vibrante e di grande impatto, una freschezza unica e un’anima sapida intensa e profonda. Il sale della terra, che il vento delle Alpi amplifica. Grande longevità per questi vini, dotati di una struttura elegante: fuoco e roccia, ghiacciai e forti escursioni termiche tra il giorno e la notte consentono alle uve di sviluppare profumi intensi ed eleganti, creando vini unici ed emozionanti. La matrice vulcanica ne è l’eredità, che riaffiora nelle bottiglie che racchiudono la sua essenza.
Degustazione
Erbavoglio Metodo Classico Dosaggio Zero
Un Metodo Classico iniziato quasi per gioco, per diventare uno dei vini più importanti della cantina. Così lo racconta Mattia Donna, enologo della cantina: 100% erbaluce, il vitigno che in questi luoghi riesce a dare il meglio di sé. 36 mesi di sosta sui lieviti, non dosato, per una produzione di nicchia, solo 3000 bottiglie. Per via del Disciplinare non rientra nella Docg e non riporta in etichetta il nome del vitigno: ma questo vino sparkling è un erbaluce con grande grinta e personalità. Mette a punto al meglio la straordinaria acidità del vitigno, per un ingresso verticale. Crosta di pane e sentori di croissant salato, mela croccante, mango e ricordi di ananas. Evidenze agrumate ed erbe aromatiche che regalano un naso ricco e molto fresco. Al palato è sapido e di ottima struttura. Una sferzata di energia.

Barlàn Colline novaresi DOC Nebbiolo 2024
Nebbiolo in purezza, giocato su percezioni cromatiche che ricordano il corallo. L’aspetto è cangiante, luminosissimo: al naso ricordi di lampone e fragolina di bosco, confetto, zucchero filato. Un naso dolce, che al palato si rivela sorprendentemente agile e verticale. Qui i suoli del Supervulcano si fanno sentire: sapido e leggermente tannico, mutevole nelle sensazioni, carezzevole al palato. Un vino che ha in sé l’aria fresca del Monte Rosa: un tramonto in alta quota, che piace per l’immediatezza di beva e la sua versatilità.

Ghemme DOCG 2020
90% nebbiolo e 10% vespolina. Maturazione in botte grande, in bottiglia da luglio 2024. Fiori al naso, tra violetta e rosa canina, che si traducono in immediata eleganza. Molto fresco nel profumo e nell’approccio: un vino quasi alpino, che nel colore conserva una sorprendente gioventù. Il palato è freschissimo, siamo in quota: non solo una potente spinta acida, ma erbe aromatiche e generosità salina caratterizzano il sorso, con un tannino vivo e perfettamente integrato: l’effetto nel suo complesso è di un vino alpino: un ruscello di montagna, agile, dinamico, scalpitante, ma con tanto desiderio di raccontarsi e di testimoniare un territorio unico: la terrazza fluviale in cui i vigneti risiedono è zona di passaggio dei venti e di ricchezza di elementi geologici, e favorisce la freschezza e la longevità di questi vini.
Gattinara DOCG 2019
Se il calice precedente era giocato in quota, questo Gattinara sembra avere un legame importante con la profondità del suolo e dei porfidi di queste zone: ha in sé qualcosa legato alle viscere della terra, con ricordi al naso di humus, ciottoli, fogliame da sottobosco, fungo e castagna. 50 mesi in legno grande e non sentirli: un legno che è e resta sullo sfondo, con sentori di cannella, tabacco biondo, cocco e liquirizia che impreziosiscono il naso senza risultare invadenti. A tratti evidenze iodate e di ruggine personalizzano il corredo, ampio e ricco di sfumature. Non manca nulla a questo 2019 per proseguire la sua corsa nel tempo.

Gattinara DOCG Riserva 2017
La Riserva amplifica tutto ciò che il calice precedente ha raccontato. Una narrazione che sembra un vento di primavera: impetuoso, potente, libero e, al tempo stesso delicato. La nota agrumata è vibrante: arancia sanguinella allo stato puro, per un sorso che, in pochi attimi, sembra diventare dissetante, anche in presenza di una struttura importante. Spezie esotiche come cumino e cardamomo danno spazio a sensazioni rinfrescanti sempre più evidenti. Piacevolmente avvolgente al palato, con un tannino vellutato e perfettamente integrato, ha una sapidità quasi saporita, con rimandi umami. Un vino di eccellenza, che si fa ricordare.

Ghemme DOCG Vigna Pelizzane 2017
Il vino danza e sembra non avere nulla da temere: non solo appare in splendida forma con un aspetto cromatico di grande vivacità, ma naso e bocca dialogano di amorosa corrispondenza: c’è una incredibile tensione minerale in questo calice, che si presenta in un vero stato di grazia. Mirtillo, prugna, timo limonato, bastoncino di liquerizia; sbuffi balsamici e ricordi di cuoio, cacao, tostature da nocciola e caffè. Un bouquet olfattivo ampio e intrigante, complesso e per nulla complicato. Appare come il più giovane tra i calici sono a questo momento degustati. Ha in sé un po’ di magia, in un vero stato di grazia.
Ghemme DOCG 2009
Vince la prova del tempo e taglia il nastro del traguardo con la grinta di un giovane: al traguardo, a dire il vero, ci arriva danzando, sulle ali di sbuffi di idrocarburi, pellame e goudron. Dopo la maturazione in legno di 90 mesi, è in bottiglia dal 2017: senza fretta è andato incontro al tempo, ma ha guardato la clessidra con la disinvoltura di chi è consapevole del proprio valore. Schiena dritta e testa alta: tempo non ti temo. Note balsamiche, mentolate, ricordi di cuoio, canfora, alloro, chiodi di garofano, ginepro, cenere, brace e incenso. Una sagrestia che nulla ha della cripta, perché questo è un vino solare, accogliente e disponibile. Erbe aromatiche e noce moscata sul finale slanciano naso e bocca, in un inseguimento agile e vitale. Lunga vita a questo vino.
