Tutti i gusti del gelato artigianale
È fresco, gustoso e piace a tutti. Storia e curiosità di un prodotto italianissimo al quale hanno dedicato anche un museo.
Dentro un bel cono, c’è molto da raccontare. Lo ha fatto la Fondazione Carpigiani con un museo dedicato al mondo del “freddo”. Realizzato nel 2012 all’interno della sede dell’azienda leader nella produzione di macchine per gelato artigianale fondata dai fratelli Bruto e Poerio Carpigiani nel 1946 ad Anzola dell’Emilia (Bologna), è stato uno dei primi musei di impresa e di un prodotto legato al gusto. Dal 2003, a lato del museo, la Carpigiani Gelato University, diretta da Kaori Ito, rappresenta un luogo di riferimento per la formazione del mondo del freddo.
Il Gelato Museum Carpigiani racconta la lunga storia di questo alimento ma anche la cultura e la tecnologia dietro la sua produzione, simbolo della qualità e dell’eccellenza italiana nel mondo.
Dalle origini arabe, il percorso all’interno del museo si articola descrivendo l’evoluzione del gelato nel tempo, l’interessante storia della tecnologia produttiva fino ai luoghi e ai modi di consumo del gelato. Per passare dalla teoria alla pratica sono diversi i laboratori sulla produzione e l’assaggio sensoriale del gelato organizzati per gli amanti di questo speciale prodotto: Gelato Masterclass e Gelatology per conoscere sorbetti, creme, monoporzioni e torte gelato, ma anche Gelato Team Building, laboratori didattici dedicati alle scuole e i “Gelato sensory games” una serie di giochi realizzati in collaborazione con il Centro Studi Assaggiatori.
Ma qual è la storia del gelato? Eccone alcune tracce che attraversano epoche, mari e culture.
Prima tappa: dagli arabi alla Sicilia, ecco come arriva il sorbetto in Europa
Già nel 400 a.C. i persiani assumevano una bevanda fredda a base di sciroppi di frutta raffreddati con la neve, come successivamente anche i Romani.
In un testo arabo del XI secolo viene descritta la ricetta dello “Shrb”, uno sciroppo di zucchero, base per la realizzazione dei “sorbetti” (non a caso la stessa origine linguistica dalla parola shrb) di frutta, erbe officinali, spezie, fiori, ecc. ricetta portata, poi, in Sicilia a seguito dell’invasione araba, con grande successo grazie anche alla presenza della neve dell’Etna e del Vesuvio. Il sorbetto si diffuse, poi, a Napoli, iniziando una grande tradizione “del freddo” mantenuta per secoli e, successivamente, in molte parti della penisola, divenendo una leccornia e un lusso ancora per pochi.
Dal Rinascimento al XVII secolo: tutti pazzi per il sorbetto!
Dal XVI secolo i sorbetti erano di gran moda tanto da essere serviti durante le nozze di Caterina de’ Medici con Enrico II di Francia, a Parigi nel 1533, con grande stupore degli invitati di fronte a tale novità.
In molti si appassionarono al tema: Bernardo Buontalenti (1531-1608), architetto e grande artista ma anche maestro di cerimonie per Cosimo I de’Medici, nei suoi sontuosi banchetti serviva, oltre a scenografie gastronomiche e spettacoli teatrali, ottimi sorbetti. In molti dei ricettari del periodo vengono descritti con precisione i diversi modi per prepararli, da quello del celebre Cristoforo Messisbugo (1500-1548), sovrintendente di tavola alla corte degli Estensi di Ferrara all’Opera di Bartolomeo Scappi (1500-1577), testo di riferimento della gastronomia e tavola rinascimentale.
Con la crescente richiesta di neve e ghiaccio da prelevare in montagna, vennero costruite piccole e grandi ghiacciaie dove stiparli, sia pubbliche che private, naturalmente all’interno delle abitazioni più abbienti, consuetudine che si protrasse fino all’invenzione del frigorifero nel 1865.
Quando il medico e fisiologo italiano Santorio Santori (1561-1636) aggiunse il sale comune alla neve, si scoprì che il raffreddamento poteva essere più veloce ed efficace, semplificando la produzione dei prelibati succhi ghiacciati. Dal XVII secolo all’interno di mezze botti di legno riempite di una miscela di ghiaccio, sale e nitrato di potassio si immergeva un altro recipiente in terracotta contenente il composto per il gelato che, continuamente maniato con un cucchiaio di legno, raffreddandosi, creava un buon impasto cremoso: nacque così la prima sorbettiera, un processo manuale che rimase tale fino all’ingegno di una donna, l’americana Nancy Johnson, che nel XIX secolo realizzò il brevetto della prima sorbettiera a manovella con il recipiente interno in metallo. Quando, a fine Ottocento, alla sorbettiera a manovella venne aggiunto il motore che attivava le pale per la mantecatura, il gelato si diffuse dappertutto, divenendo un prodotto economico e alla portata di tutti.
Da sorbetto a gelato il passo non è stato breve
A Napoli il clima e la cultura hanno certamente collaborato per rendere il sorbetto più famoso che in qualsiasi altra parte d’Europa. Antonio Latini (1642-1644), il celebre cuoco, nel testo “Lo scalco alla moderna” descriveva le “sorbette” o acque agghiacciate profumate al limone, alla fragola, alle amarene e alla cannella ma anche preziose ricette di “ghiacci” a base cioccolato e il primo “ghiaccio al latte”, uno dei primi tentativi di gelato moderno.
È di quel periodo una prima novità: l’aggiunta delle uova al composto. La nuova “crema ghiacciata”, più densa e liscia, fece la fortuna di un impavido siciliano trasferitosi a Parigi, Francesco Procopio dei Coltelli detto Procope (1651-1727), il primo ad aprire un “Cafè” dove si servivano cioccolata e caffè ma anche “acque gelate” (granite), tra cui il “gelo” di caffè, di frutta al succo d’arancio e di limone, alla fragola, ai fiori d’anice e cannella e alla crema frangipane, ricca e profumata, preparata usando farina di mandorle, burro, zucchero e uova, offerti in eleganti bicchierini simili a portauovo. Diderot e D’Alembert, clienti affezionati di Le Procope, dedicarono alla “Glace”, e non al sorbetto, una voce nella Encyclopédie del 1751, mentre il medico Filippo Baldini nel 1775 gli dedicò un trattato di grande successo, il “De Sorbetti”, dove se ne trovano per tutti i gusti.
Il sorbetto divenne così di moda che nell’opera musicale venne introdotta “l’aria di sorbetto”, cantata dalle seconde parti, durante la quale il pubblico poteva distrarsi e gustare proprio un sorbetto.
Dal XVIII secolo le nuove creme ghiacciate, oltre a essere servite nei Caffè, erano vendute anche agli angoli delle strade da ambulanti, attività immutata fino al XX secolo grazie ai magnifici carretti d’antan. Ma alla fine del Settecento i gelati divennero protagonisti del pasto aristocratico sulla tavola imbandita in servizi di coppe in porcellana o vetro e splendide gelatiere per servirlo a tavola.
I tempi erano maturi per un’altra decisiva novità: l’inserimento del latte nel composto. Il grande cuoco napoletano Vincenzo Corrado (1736-1836), infatti, nella sua opera “Il credenziere di buon gusto”, pubblicata a Napoli nel 1778 così lo descrive: “Li sorbetti sono bevande nobili, ghiacciate, congelate, e di molto gusto, li quali sì compongono con acqua, zucchero, succhi di vegetabili, essenze di aromi e latte di animali”.
Dall’Europa la moda del gelato si diffuse in Inghilterra e da lì verso le colonie nordamericane, dove a metà Ottocento inventarono l’ice-cream, prodotto industrializzato diverso dal gelato artigianale.
L’Ottocento: il secolo d’oro del gelato
Nella struttura del pasto del XIX secolo il sorbetto divenne una bevanda servita come centrale pausa gustativa tra più portate, mentre la crema ghiacciata, il nuovo “gelato” occupava una posizione ben definita all’interno del servizio del dessert dopo il formaggio e prima dei dolci. Entrò, così, in tutti i ricettari culinari dell’epoca come produzione “casalinga”: i composti mantecati venivano fatti ghiacciare all’interno di stampi dalle forme di fiori, frutta o, più particolari, di animali, inseriti all’interno di una soluzione di neve e sale e poi serviti per stupire gli ospiti con bellezza e gusto.
Il primo termine “gelato” o, meglio, il “modo di fare i pezzi gelati”, è presente nel libro “Le arti del credenziere, confettiere e liquorista” del 1822 opera del cuoco alla corte parmense di Maria Luigia d’Austria, Vicenzo Agnoletti (1780-1834). Egli, per la prima volta, stabilisce una classificazione di consistenza e temperatura tra il sorbetto granito, il sorbetto gelato e il sorbetto “spongato”, più spumoso.
Ben descritti nel “Trattato di cucina” del 1854 del cuoco della Real casa Savoia Giovanni Vialardi, i sorbetti e i gelati erano presenti come gioielli di gusto sulla rinomata tavola imbandita di Vittorio Emanuele II e Umberto I, anche nella versione semifreddo nelle rinomate torte gelato elegantemente decorate dal Vialardi.
Dalla fine dell’Ottocento in poi la tecnica di preparazione del gelato migliorò grazie ai nuovi macchinari americani, come racconta Pellegrino Artusi ne “La scienza in cucina” del 1891: “Ora poi che, essendo venute in uso le sorbettiere americane a triplice movimento senza bisogno di spatola, si può gelare con meno impazzamento di prima e con maggiore sollecitudine, sarebbe peccato il non ricorrere spesso al voluttuoso piacere di questa grata bevanda.”
Il gelato inizia a essere come lo intendiamo oggi: morbido, cremoso e privo di ghiaccioli al suo interno. In tutta Europa aumentarono gli eleganti locali con la proposta di caffè, tè, cioccolata e gelati e nacquero, soprattutto in Italia, i primi laboratori in cui produrre il gelato solo per la vendita ambulante che veniva servito in bicchierini di vetro da restituire. Questo era un bel problema per i gelatai. Arrivò così sul mercato il primo cono di cialda per gelato, invenzione contesa tra molti, tra i quali vi è il cadorino emigrato a New York Italo Marchionni, che ne ottenne il brevetto nel 1903.
Da lì alle moderne gelaterie passò ancora qualche decennio, un paio di guerre, il boom economico e più di un radicale cambiamento sociale.
L’utilizzo di macchinari di nuova generazione per la produzione, la conservazione e la distribuzione del gelato ha permesso di ottenere prodotti di alta qualità, declinati anche nei nuovi gelati vegani, senza lattosio o a basso contenuto calorico, per andare incontro a un mercato sempre più attento alla propria salute.
Per una visita gustosa il Gelato Museum è aperto solo su prenotazione da mercoledì a sabato dalle 9.00 alle 17.30.
Per informazioni e visita www.gelatomuseum.com
Photo Credits: Gelato Museum Carpigiani