Viaggio in Franciacorta, un diario
“Cosa ci sarà oltre i grossi portoni di legno, chiusi lungo i muri di pietra, cosa oltre le cancellate ricoperte di rampicanti?”
La mattina del 26 novembre scorso a Roma nella Sala Igea del Palazzo Mattei di Paganica (sede della Treccani editore) è stato presentato l’ultimo libro di Armando Castagno: “Viaggio in Franciacorta – Un diario”, da cui è stata presa la domanda iniziale che, da molti punti di vista, racchiude l’essenza dell’opera. Un libro molto atteso e già anticipato con una straordinaria degustazione lo scorso luglio a Milano in occasione del 59mo anniversario della fondazione dell’Associazione Italiana Sommelier.
L’autore è tra i personaggi più conosciuti nel mondo del vino come comunicatore, divulgatore, ideatore e direttore di corsi, insegnante, critico oltre che scrittore di numerosi libri (tra tutti ricordiamo “Borgogna – le vigne della Côte d’Or”), ma non tutti sanno che Armando è anche uno storico d’arte e che, oltre ad avere una laurea in legge, per molti anni è stato anche un giornalista sportivo; un uomo eclettico le cui sfaccettature si manifestano tutte in quest’ultimo libro.
Per la sua profondissima conoscenza dei territori vitivinicoli (come la Borgogna, Bordeaux, ma anche, volendo guardare la nostra penisola, la zona del Barolo o del Chianti Classico, per fare solo alcuni esempi) il binomio Castagno-Franciacorta fa subito pensare alle bollicine più famose d’Italia anche se, in questo caso, si è sulla strada sbagliata: questo è un libro che non parla del Franciacorta ma della Franciacorta, come zona, come luogo da visitare, con uno sguardo totalmente inconsueto. Questo è un libro di viaggio nel senso proprio del termine, il primo, tra i tanti scritti, in cui l’autore si misura come narratore.
“Quando una grande penna di vino scrive di viaggio l’equilibrio che ci si aspetta è quello di degustazioni, aziende, storie familiari inframmezzate dall’esperienza viaggi, qui, invece, è il contrario. Qui c’è un cielo blu di vite, di territori, di chiese (tantissime!) raccontate sempre vuote con lo sguardo del critico d’arte e della cura per ciò che rimane. Questo libro non ha restituito la Franciacorta che si aspetta la maggior parte degli amanti del vino, e ciò fa sì che non avrà uscita dal tempo. Un libro già classico” così Michele Fino, professore dell’Università di Pollenzo oltre che scrittore, descrive la dodicesima fatica di Armando. “Un libro già classico”, un libro senza tempo, per il fatto che il lettore si sente immerso in un mondo atemporale dove non ci si orienta né come anno né tantomeno come stagione; sono pochissimi i punti dove l’autore ce lo svela, confondendo consciamente i ricordi dei suoi numerosi viaggi in questa regione, afferrando il lettore e portandolo nel suo mondo, nei suoi ricordi.
Il titolo è altamente evocativo: “Viaggio in Franciacorta – Un diario”. Questo è una storia di un viaggio, senza sovrastrutture, senza costruzioni artefatte, è il racconto di un luogo autentico come autentica risulta essere la narrazione.
La memoria si respira
Armando si dichiara grande lettore di libri di viaggio (ne è testimonianza l’ultima pagina dell’opera dove l’autore fa un elenco dei testi consultati) non scrittore, finora, e, tra le tante cose che lo affascinano di questo genere c’è proprio il fatto che nei racconti di viaggio si rinuncia a quella sorta di eroismo di chi scrive poichè tutto ciò che lo circonda è così grande che all’autore tocca incarnare il ruolo di osservatore e descrivere ciò che vede rinunciando all’autoriferimento. Inoltre, l’autore ci ha confessato che scrivere questo libro per lui è stata una “fatica terribile”: fissare non solo quello che aveva visto ma cercare di descrivere le sensazioni provate. Nei suoi numerosi viaggi prendeva appunti, faceva fotografie e registrava continuamente poi arrivava la sera in camera e scriveva subito tutto ciò che aveva visto o che voleva ricordare prima che il ricordo svanisse.
È un libro ricco di dettagli e sono proprio questi a fare la differenza. Ricordare e mettere su carta tutto quello che di importante “si sente” è la cosa più laboriosa. La memoria è l’elemento fondamentale di questo libro e per Armando la memoria è una specie di carburante, un elemento o funzione vitale: la memoria si respira.
A condurre la presentazione c’era Francesca Romana Barberini, che conosce l’autore da tempo. Per Francesca questo libro è stata una esperienza plurisensoriale, che l’ha riportata in una dimensione diversa, ha dichiarato che questo per lei “è stato un bellissimo viaggio fatto con Armando” poi subito è partita con la prima domanda, quella che tutti ci aspettavamo: “Come è nata l’idea di questo libro?” e lui con naturalezza risponde: “Questo libro nasce avviluppandosi come un arabesco su se stesso a forza di collisioni di rotta ed inversioni ad U. L’idea di partenza nasce insieme a Silvano (Brescianini, presidente del consorzio Franciacorta, anche lui tra gli ospiti) che era quello di scrivere qualcosa sulla Franciacorta poi la cosa ha preso il sopravvento su di noi, sulla nostra volontà iniziale, diventando un diario, un racconto ‘sincero’. Ho cercato di descrivere quello che vedevo camminando per le strade della Franciacorta senza voler vedere qualcosa per forza, descrivendo esattamente quello che mi è capitato di incontrare, anche quando mi sorprendeva la presenza o l’assenza di qualcosa”.
“Armando si è perso in questi luoghi ritrovando un sentimento di libertà, scegliendo di perdersi utilizzando quasi esclusivamente carte fisiche e non navigatori” dice la Barberini.
Un percorso passo dopo passo
Il libro ci svela un sognatore, un viaggiatore, un uomo che percorre passo passo tutti i comuni della Franciacorta e di ognuno ne riporta una visione sempre oggettiva ma anche soggettiva; in questi posti l’autore rimane folgorato dalla bellezza delle chiese in decadenza, dalle effigi sui muri o semplicemente dalle persone incontrate. Il suo è un girovagare, cosciente e voluto, nei diciannove comuni, partendo da Paratico e finendo sulla collina di sant’Anna a Brescia, non in maniera lineare ma in una dolce curva sinusoidale come dolci sono i rilievi franciacortini: 355,05 km2 per 3.533 ha di superficie vitata in totale.
Date, persone, aneddoti del posto ma anche dell’autore. Ricordi che riaffiorano forti come luci accecanti e che riportano in un passato che sembra presente.
“Sento aprirsi un varco nella mente come una porta che cigola. Il fatto è che qualche volta, e credo valga per ciascuno, il passato si ripresenta intatto e senza bussare”, queste sono le parole dette nel cap. 16 quando parla di Gussago. Un ricordo che riaffiora nella mente e così, senza volerlo, Armando torna, portandoci con sé, a trent’anni prima quando era venuto proprio in quel luogo a seguire una corsa di cavalli, come giornalista sportivo, e ci racconta il suo ricercare proprio quel luogo dove era già stato, chiedendo a tutti, ma nessuno lo ricorda, solo un suo omonimo trovato in una macelleria equina, quasi per caso, gli indica il posto e quando lo trova non solo ne ricorda le dinamiche, i suoni, gli odori ma addirittura i nomi dei cavalli.
Tra i protagonisti della mattinata un messaggio importante ci è stato dato da Massimo Bray, direttore generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani: “Questo libro, insieme a tante altre iniziative Treccani di quest’ultimo periodo, è un segno importante che fa capire che Treccani sta cambiando e cercando di consolidare questo cambiamento, tutte tappe importanti che rientrano in quella che è una lettura del XXI secolo del concetto di cultura o di conoscenza. In queste tappe è sembrato molto importante questo avvicinamento tra Treccani e Franciacorta: questo territorio non è solo un luogo di una produzione, ricca e importante, ma nasconde delle potenzialità che sta a noi svelarne” ha continuato con una serie di considerazioni generali fino a terminare con queste parole: “Ho apprezzato molto la cura di Armando nello scrivere questo libro con una scrittura raffinata, colta, capace di avvicinare tutti a questo paesaggio”.
Silvano Brescianini, presidente del consorzio Franciacorta, dichiara che lui stesso non si sarebbe mai aspettato che la sua terra divenisse meta di viaggi non solo legati al vino; poi termina nel ringraziare l’autore di avergli fatto scoprire degli scorci che lui stesso non conosceva della sua terra.
Leggendo questo libro sembra che l’autore ci sia seduto di fronte e ci parli, come se raccontasse una storia, anzi, tante storie il cui fil rouge risulta essere il territorio franciacortino.
Racconti di luoghi e di persone
Un libro fatto di racconti di luoghi ma anche di persone che restano impresse nella mente del lettore come ad esempio don Franco immortalato in una immagine stupenda a pag. 263, di spalle col bastone, uno dei religiosi incontrati dall’autore a Rodengo Saiano che lo accompagna nella visita all’abbazia di San Nicola: un uomo straordinario, un uomo che ha vissuto due vite, la prima come operario metalmeccanico poi ad un certo punto ha deciso di abbracciare la vita monastica, suo desiderio da giovane; un uomo concreto che ci sorprende e ci illumina nei suoi ragionamenti: “Ha presente le promesse del monachesimo: castità, povertà e obbedienza? Quando chiedo alle persone quale sia secondo loro la più difficile da mantenere delle tre, tutti mi rispondono: la castità. Ma è una balla. La più difficile è l’obbedienza”. Decisamente ha ragione lui.
Questo è un libro per tutti gli appassionati di territori italiani senza ricercare punte ovvie. Qui si percepisce la complessità di un territorio: una Franciacorta da godere e da scoprire.
Un racconto minuzioso, dettagliato intervallato da battute spiritose che destano il lettore sorprendendolo e facendolo sorridere, quando meno se lo aspetta: questa è la capacità dei grandi scrittori.
Un libro da leggere tutto d’un fiato e da tenere in biblioteca… ma a portata di mano.
Le foto n. 1-2-4 sono di Paola Capelletto su Unsplash.