Vini-rifugio: la riscossa dei classici in tempi di incertezza

L’incertezza economica e politica sta spingendo i consumatori verso etichette note e rassicuranti, i cosiddetti “vini-rifugio”, privilegiando la qualità e l’affidabilità di marchi e regioni storiche piuttosto che il semplice risparmio. In questo contesto, più delle note tecniche, contano l’emozione e la storia che una bottiglia sa raccontare, trasformando l’atto del bere in un’autentica esperienza di conforto.
In un mondo segnato da inflazione, conflitti e instabilità, i consumatori si allontanano dalla sperimentazione per cercare conforto in ciò che conoscono e amano. Come evidenziato da un’analisi della giornalista Kathleen Willcox per la testata Wine-Searcher, stiamo assistendo a un ritorno verso i “comfort wines” o vini-rifugio. Non si tratta necessariamente di prodotti a basso costo, ma di etichette che evocano una sensazione di calore e sicurezza, proprio come un vecchio maglione preferito: un abbraccio liquido che rassicura.
La tendenza non è quella di bere di meno o di spendere meno, ma di spendere meglio, su ciò che offre garanzie. Julie Feola di Château Lagrange a Bordeaux, osserva come i consumatori scelgano sempre più le cosiddette valeurs sûres: etichette consolidate e affidabili. L’idea è quella di bere meno, ma con una maggiore attenzione alla qualità di marchi già noti e amati. Le fa eco Steven McDonald, Master Sommelier delle Pappas Bros. Steakhouses in Texas, che vede i suoi clienti puntare sulla coerenza e l’affidabilità di regioni come Bordeaux e la Borgogna. Questi nomi, anche per chi non è un esperto, comunicano un’idea di eccellenza intramontabile, un investimento sicuro in un momento di precarietà.
Dal lusso alla nostalgia raffinata
Questa ricerca di conforto si declina in modi diversi a seconda del contesto. A Saratoga Springs, New York, i ristoratori Zac Denham e Clark Gale gestiscono due locali che interpretano perfettamente lo spirito del tempo. Al loro lussuoso Champagne bar, il “comfort wine” si traduce in Champagne “generosi, rotondi e facili da amare”, vini che trasmettono gioia senza essere eccessivamente intellettuali. Nel loro nuovo locale, più informale, il concetto si applica a grandi classici come Cabernet, Chardonnay e Pinot nero, ma provenienti da produttori artigianali di alta qualità. L’obiettivo, dicono, non è reinventare, ma “dare lustro” a ciò che è già familiare e amato.
In un’epoca turbolenta, ciò che si vende non è più solo un prodotto, ma una sensazione, una storia. Paul Alary di Château Gassier in Provenza sottolinea la necessità di creare connessioni emotive. “Le persone”, afferma, “vogliono vini che raccontino storie in linea con i loro valori: piacere, convivialità, un senso di evasione dalla dura realtà quotidiana”. Un Rosé di Provenza, ad esempio, evoca quasi automaticamente immagini di sole, vacanze e spensieratezza, diventando un potente antidoto alla cupezza del presente. Oggi, comunicare con autenticità la storia delle persone e della terra dietro un’etichetta è fondamentale. L’emozione è tutto. In un mondo che sembra fragile e imprevedibile, bere storie ben fatte, piene di gioia e speranza, appare, se non una cura, certamente un balsamo.