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Personaggi e Storie
15/07/2025
Di Serena Leo

Il fiano come volano per rendere grande l’Irpinia del vino

Come Laura De Vito ha fatto all-in sul vitigno

L’Irpinia verdeggiante e silenziosa che aspetta solo di essere scoperta è fatta di tanti piccoli produttori pronti a raccontare la loro storia fatta di piccolissime produzioni, tutte di grande pregio. Questa è la regola su cui ci si muove e su questa scia c’è anche Laura De Vito che ha scelto di creare una storia enologica del tutto unica, fondandola solo ed esclusivamente sul fiano, ma in tre accezioni differenti.

Laura De Vito, di nome e di fatto

Siamo a Lapio (Avellino) e l’azienda Laura De Vito – nomen omen – inizia la sua attività lentamente, forse aspettando quel tempo giusto che sembra non arrivare mai, ma fatto di occasioni da non farsi scappare. Dai primi impianti di fiano messi a dimora tra il 1994 e il 1996, l’azienda ha dato il via al primo imbottigliamento ufficiale solo nel 2018. “Per iniziare era necessario avere forze economiche e umane – tante – per affrontare ogni insidia al meglio. Prima è venuta la famiglia, poi anche l’acquisto dell’attrezzatura necessaria per garantire un minimo di ospitalità in cantina e, passo dopo passo, abbiamo capito che il 2018 sarebbe stato il momento giusto per farci conoscere ai wine lovers”.
Ma come si promuove una cantina che lavora solo un unico vitigno, il beneamato fiano di Avellino? “Sicuramente parlando di unicità e diversità allo stesso tempo” afferma la produttrice senza nessun dubbio. Da un lato c’è un unico vitigno, l’autoctono principe della zona, poi di diversità che varia da metro a metro di terra, enfatizzando il tanto agognato concetto francofono di cru. “I cru penso che lascino ancora più spazio alla voce della terra e lasciano parlare il vino perché questo ci fa capire che il prodotto è originale così com’è e così deve finire in bottiglia. Questa è l’immagine da dare a chi ci sceglie, cioè un vino senza nessuna sovrastruttura e compromesso, semplice e immediato, ma non scontato. È il vitigno, assieme al suolo, a parlare al calice. Il progetto ambizioso è stato impostato dall’enologo Vincenzo Mercurio che ha saputo interpretare la mia volontà di geolocalizzare l’azienda grappolo dopo grappolo”.

Solo fiano, questa è la regola

L’enologo, quindi, ha messo in bottiglia letteralmente tre contrade, vinificandole senza l’impiego di legni o altro, solo acciaio. Dalle tre contrade Arianello, Verzare e Saudoni, nascono i vini Verzare, Arieniè, Li Sauruni e infine Elle, un blend dei tre cru che esprime una visione d’insieme in fatto di fiano. “Nel blend c’è la sintesi di tutta un’annata. Le percentuali di ogni vigneto cambiano a seconda delle carenze e degli eccessi che le caratterizzano – aggiunge Laura – Vincenzo Mercurio ha pensato a un vino franco in ogni sua sfaccettatura e non nascondo che la mia paura è stata imbattermi nel consumatore finale che avrebbe potuto esprimere delle perplessità in merito a un vino semplice, ma solo alla prima impressione. Per questo abbiamo prodotto, solo per le prime annate, 500 bottiglie per tipologia, riscontrando pareri entusiasti di chi ci ha premiato per la franchezza del racconto territoriale fatto attraverso il vino. Oggi le bottiglie prodotte salgono a 4000 per tipologia e tutto il resto finisce in Elle”.
Solo 30.000 bottiglie etichettate, con una capacità di crescita di 70.000. Questa è la piccola e, allo stesso tempo, importante forza di Laura, che col fiano ci ha preso gusto, puntando ad allargare la gamma.

L’opportunità della zonazione

Nel mondo in cui oggi il concetto di zonazione sembra essere quasi una tendenza dall’anima snaturata e solo commerciale, Laura ci crede e il perché sta tutto nella storicità dell’Iripinia che, diversa palmo per palmo, sa dare a ogni vino una genetica unica, proprio come un essere umano. “La zonazione non possiamo permetterci di considerarla un vezzo, ma è un modo per amare ancora di più la terra. Quando ti accorgi che ciascun pezzetto ha la sua caratteristica ne ami ogni centimetro e cerchi di preservarlo in ogni passaggio agronomico ed enologico. Ciascun frammento ha una sua storia e noi viticoltori abbiamo il dovere morale di raccontarla”. Ed è proprio così che si generano nuove opportunità come un sottocru che uscirà a firma Laura De Vito tra due anni. “Nella contrada Arianiello abbiamo selezionato delle microzone che daranno vita a un’etichetta futura. L’obiettivo è emozionare ancor di più, ma mai con irruenza”.

Il futuro d’Irpinia passa dal vino

L’Irpinia si trova a un momento di svolta, quello in cui l’attenzione per l’autoctono e per i vini di piccole realtà sta riscuotendo sempre più attenzione. Il consumatore cerca storie e vini di qualità e meno “massa”. Per questo scovare le nicchie è la regola e la “Cenerentola del vino italiano”, con un cammino di presa di coscienza alle porte, punta a fare unione per raccontare una grande storia che possa incuriosire. “Il fiano irpino ha grande potenzialità sia nell’annata in corso sia a distanza di anni. Anche un vino di otto anni può sembrare un giovincello e non dimostrare assolutamente la sua maturità. Il tempo è suo amico e ne garantisce il prodotto. Ecco perché possiamo posizionarci in alto con il fiano, pensando di competere con la Francia”.
La chiave sta nella promozione di una storia e un prodotto di alta qualità che deve saper andare di pari passo, però manca ancora un sentiero da tracciare ed è ciò che va fatto, afferma Laura. “Ognuno di noi cerca di ricavarsi uno spazio, ma ci vorrebbe più aggregazione per giungere al meglio all’agognato traguardo. Abbiamo prodotti di altissima qualità e nella Docg possiamo dire la nostra, ma solo facendo emergere un’immagine coesa che possa fungere da garanzia territoriale perché il fiano prodotto in Irpinia si fa notare e questo territorio inizia a diventare un privilegiato in enoteca”.
Ma basta unire solo le persone per far sì che l’obiettivo promozionale si realizzi? Secondo la De Vito è necessario rendere il consumatore parte attiva di questa storia. “La fidelizzazione è la cosa più difficile da fare e serve partecipazione per creare un prodotto in grado di piacere nel tempo. Serve creare panel in cui si individua cosa davvero vorrebbe bere il consumatore e non affidarsi solo al parere degli esperti, spesso distanti da questo mondo perfezionista. Deve essere un lavoro di concertazione e ognuno deve saper fare la sua parte”.

Serena Leo
Serena Leo

Laureata in giurisprudenza, all’avvocatura ho scelto il vino che è diventato il mio lavoro a tutti gli effetti. Come giornalista freelance scrivo per diverse testate del mondo vitivinicolo, dedicandomi a svelarne gli aspetti più curiosi. Da pugliese Docg sono innamorata di questa terra che, molto spesso, ritorna tra le righe dei miei racconti online e su carta stampata. L’obiettivo però, resta sempre lo stesso: svelare cosa c’è in un calice di vino senza perdersi in troppi giri di parole.

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