Grani antichi, un’eccellenza italiana sulla via della riscoperta
Tutti ne parlano ma vige ancora un alone di mistero che aleggia attorno ai grani antichi. La nuova moda del momento potrebbe essere una valida soluzione per un’alimentazione sana e una tecnica agricola facilmente adattabile alle attuali condizioni climatiche, rendendo pressoché nullo l’apporto di pesticidi e sostanze chimiche. Allora perché non sono ancora presenti su tutte le tavole italiane? Perché come ogni rivoluzione che si rispetti, c’è chi si schiera dalla loro parte e chi combatte contro di essi etichettandoli come obsoleti e non al passo con i tempi. Fatto sta che i grani antichi rappresentano al meglio la nuova frontiera dell’agricoltura che riprende quello che in passato aveva portato vita e prosperità, nell’ottica di un ritorno alle origini che non ha nulla di sbagliato.
Perché i grani antichi sono stati abbandonati
Decantati come il prodotto agroalimentare più antico al mondo, i grani antichi sono ormai protagonisti sulle tavole di tutt’Italia. Una riscoperta mediatica che ha fatto sì che questa coltura si divulgasse a macchia d’olio. È proprio grazie a questo fenomeno che oggi possiamo dire di conoscere i motivi di tale scalpore gastronomico. I grani antichi sono tornati alla ribalta grazie alle loro molteplici proprietà e caratteristiche note fino a prima della Rivoluzione Verde del secondo Novecento. Da questo periodo, infatti, la loro coltivazione è stata progressivamente abbandonata a favore di nuovi frumenti, i cosiddetti grani moderni, preferiti per la loro capacità di adattarsi alle esigenze dell’industria. L’evoluzione in questo campo non ha sempre una valenza positiva. L’economia contemporanea predilige lavorazioni più rapide, rese più alte e una produzione quanto più possibile ottimizzata.
Così nascono i grani moderni, facili e veloci che però lasciano indietro l’aspetto nutrizionale del prodotto stesso. I grani antichi riescono a mantenere intatte le loro caratteristiche organolettiche non essendo mai stati sottoposti a modifiche genetiche nel corso della storia. Questo rappresenta un grande beneficio a livello di contenuto di fibre, minerali e proteine, avvalendosi anche di un minor contenuto di glutine. Come molto spesso accade le esigenze commerciali vengono prima della qualità del prodotto e i grani antichi, seppur oggi rivalutati, per molti anni non sono stati considerati competitivi a livello economico e produttivo. Nell’ottica odierna la riscoperta è collegata alla loro propensione alla coltivazione biologica grazie alla resistenza e all’autosufficienza intrinseca. Quantitativamente rendono meno rispetto ai grani moderni, ma dal canto loro non necessitano fertilizzanti e diserbanti.
Quali sono le varietà italiane
La varietà che più spopola è il Senatore Cappelli. Da anni presente nelle panetterie come variante al classico pane a base di frumento moderno, è il grano duro antico per eccellenza. Nutrizionalmente parlando contiene un elevato apporto di proteine, vitamine e minerali e un basso livello di glutine. Un nome che celebra il riformatore dell’attività agraria che nel primo Novecento introdusse la distinzione dei grani duri da quelli teneri. La farina ottenuta del Senatore Cappelli è rustica, pregiata e si presta bene alla panificazione e ai lievitati. Altro simbolo di questo movimento agricolo è la Saragolla, frumento he giunge a noi dall’Egitto e che si distingue per il suo colore giallo intenso. La Saragolla ha diverse varianti come la Zingaresca e la Bulgara, tutte dotate di ottima resistenza a parassiti e a condizioni climatiche avverse.
Scendendo nel dettaglio del territorio italiano, alcune regioni si distinguono da altre per la coltivazione di grani speciali. La Sicilia ha per anni avuto il primato come maggior produttrice di questa nicchia grazie alle sue varietà: Tumminia ideale per la panificazione, Maiorca ottima per la pasticceria e Realforte utilizzata per le paste fresche grazie alla sua spiccata porosità. La Toscana sta facendo valere il suo nome con il sempre più richiesto Gentil Bianco delle fasce collinari e il Gentil Rosso più amato dai pizzaioli. Anche la pianura Padana ha trovato i suoi grani antichi ideali con il Piave e il Tintoretto che trovano casa in Veneto.
I grani antichi nei piatti gourmet
La riscoperta di questo prodotto non ha interessato solamente il pubblico sempre più attento al proprio carrello della spesa, ma anche i grandi chef italiani. Sono diversi gli utilizzi di questo ingrediente e lasciano spazio a creatività e sperimentazione. Le “lagane di grani antichi ai profumi dell’orto lucano” del Ristorante Luna Rossa di Terranova di Pollino sono un esempio di storia antica riproposta in ottica contemporanea. Una pasta fresca priva di uova e base di farina di grano Carosello, ceci e fave condita con peperone secco e cacioricotta che fa riscoprire i sapori di una volta.
La pasta integrale di grani antichi siciliani di Andrea Colombara e Ars Malak ha suscitato l’interesse del pubblico grazie ai sapori intensi del carciofo e del gambero rosso di Mazara. Un intreccio di gusti del Sud che arriva sino ad Albairate, Milano. Il rinascimento dei grani antichi passa anche dalla pizza. Mulinum è un’azienda agricola calabrese che ha fatto della coltivazione biologica il suo obiettivo di produzione. I grani antichi Senatore Cappelli, Verna, Farro, Iermano, Maiorca, Rubeum, diventano così protagonisti delle loro pizze agricole dove i soli ingredienti utilizzati sono quelli prodotti in loco.
Bufala o realtà?
Come ad ogni novità o ritorno in commercio accade, anche i grani antichi hanno i loro fan sfegatati e haters pronti a demonizzarli. L’Accademia Nazionale di Agricoltura si schiera contro tutti sostenendo che è solamente una moda passeggera piena di falsità. Forse un po’ troppo estremismo in questa definizione che li declassa a cereali del passato, non pronti a sostenere un’economia contemporanea, con poca cognizione di causa. La mancanza di spazio da adibire a questa coltivazione, l’assenza di manodopera specializzata nei mulini e una carenza nei controlli, pare rendano questi grani addirittura pericolosi in un contesto di economia sostenibile.
Chi non crede nella bufala punta sulla truffa. Il costo di un pane fatto con i grani antichi è tendenzialmente maggiore di un pane classico. I motivi sono spiegati anche nei precedenti paragrafi, dove si elenca fra le caratteristiche di questa coltura la minor resa produttiva che va a scontrarsi con la crescente domanda da parte dei consumatori. La riscoperta dei grani antichi non è né una bufala né una truffa, ma un ritorno a prodotti genuini e di qualità che aiutano a promuovere le piccole realtà artigiane italiane istruendo su quanto è stato il passato dell’alimentazione italiana.
La foto di apertura è di Polina Rytova su Unsplash.