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Personaggi e Storie
26/05/2025
Di Serena Leo

Il montepulciano è sinonimo di fatica e di un’anima pop, parola di Paolo Di Sipio

Come si proietta questa varietà nel futuro anche grazie alla realtà virtuale

Nel Chietino la terra è sinonimo di fatica che nobilita l’uomo in ogni sua forma. Questa è la filosofia della famiglia Di Sipio da sempre e, all’inizio del Duemila, sceglie di dare vita a una nuova realtà nel ricordo di Peppino Di Sipio, bracciante e padre di Nicola. Una storia di famiglia semplice che prosegue con la terza generazione, Paolo, oggi al timone di un’impresa da traghettare nel futuro, quello in cui non si può prescindere dall’innovazione tecnologica e da un cambio di passo in bottiglia quando si parla di rosso.

A Paolo abbiamo chiesto perché le anime del montepulciano possano essere tante e come possano diventare un modo per raccontare l’Abruzzo in grado di trasformarsi e innovarsi. Di sicuro non c’è una risposta univoca, ma tante piccole ispirazioni che porteranno a voler conoscere sempre di più il “principe d’Abruzzo”. Saranno i Piwi, sarà il tradizionale impiego del legno o l’intelligenza artificiale a completare il lavoro? L’abbiamo chiesto a Paolo.

Paolo Di Sipio

Una terra benedetta

Se c’è una cosa che in Abruzzo non manca è certamente il silenzio che si infrange contro le colline pronte a farsi verdi in primavera. È proprio qui che nasce il sogno dei Di Sipio, nel comune di Ripa Teatina che sovrasta i vigneti e guarda un po’ al mare e un po’ alla montagna. “Non volevamo subito fare impresa. Abbiamo acquistato la tenuta in cui lavorava mio nonno col sogno di realizzare qualche bottiglia di metodo classico per gli amici, ma non c’era l’idea di commercializzazione”. Così Paolo inizia il suo racconto e, si sa, il destino ha sempre in serbo un jolly da giocare. “Sotto l’insegna della tradizione contadina abbiamo iniziato a lavorare su un vino semplice, di quelli da portare in tavola, tipicamente preferito dai contadini di un tempo. Ecco, volevamo fare un prodotto che riprendesse la leggerezza e la beva del vino contadino. Per questo abbiamo creato il Trevvoci, una sorta di omaggio a questo e alla virtù della fisarmonica, strumento che appassionava mio nonno, in dialetto chiamato trevucett”. E la storia, quindi, è cambiata.

Si fa presto a trasformare la passione in un vero e proprio lavoro, così dal 2004 Di Sipio è diventata una cantina a tutti gli effetti, con vigneti in produzione e casolari antichi da dedicare alla vinificazione e all’accoglienza. Una struttura di design che rende un unicum la produzione vitivinicola e lo star bene, creando una continuità tra le radici e ciò che si diventa col tempo che passa. I Di Sipio hanno scelto di “farsi belli” con l’architetto Rocco Valentini. Un progetto di successo che nel 2014 è finito tra le prime dieci cantine di design secondo la rivista Archilovers.

Solo venti vendemmie, ma un’idea chiara

“Abbiamo imparato vendemmia dopo vendemmia a creare il nostro stile. Per farlo abbiamo scelto di dare un’immagine fresca alla nostra azienda. A seguirci c’è l’enologo Daniele Di Pillo”. 15 le etichette messe in campo, di cui 5 dedicate ai rossi in diverse forme. “Per lavorare il montepulciano serve essere riflessivi e responsabili, in ogni sua declinazione, dalla più semplice e pop come il Trevvoci a quella più complessa come il Cinque”.

Il Cinque appunto, l’ultimo arrivato in casa. “Un’immagine che va a rievocare l’anno di nascita di mio papà Nicola, ancora attivissimo in azienda, il 1953. Accanto al Tre è nato il Cinque da una lavorazione del tutto inedita, lunga e di pregio, rendendolo vino da meditazione a tutti gli effetti. Finora sono uscite solo tre annate: la 2007, 2009, e a Vinitaly 2025 abbiamo presentato la 2017 con un restyling dell’etichetta”.

Paolo e Nicola Di Sipio

1.498 bottiglie, tutte numerate per finire su tavole importanti. “Il Cinque è un orizzonte temporale di lavorazione. Si raccoglie manualmente con una selezione maniacale ad acino e, dopo una lunga macerazione sulle bucce, rimane in affinamento post fermentativo in tini troncoconici di rovere di Slavonia ed è qui che resta fino all’imbottigliamento”. È un vino della pazienza il Cinque, come gli anni necessari per ottenerlo, come il lavoro della terra e come il messaggio che Paolo vuole lanciare a chi apre una bottiglia che porta la firma Di Sipio e fa breccia nel cuore del bevitore. 

Il Cinque si inserisce nell’insieme delle circa 200.000 bottiglie prodotte ogni anno. Si tratta di prodotti che conquistano tanto l’Italia quanto l’estero, in parti uguali (50%). Il brand Di Sipio arriva in Usa, Canada, Belgio, Olanda, Svizzera, Repubblica Ceca e anche Russia. La dimostrazione è che il montepulciano piace ancora e tira, soprattutto se si riesce a traghettarlo verso la contemporaneità ma senza per forza snaturarlo di tutta la sua forza.

Il montepulciano sì, ma i Piwi perché no?

Il bello del montepulciano è il suo essere democratico, saper raggiungere i palati più raffinati e quelli più immediati, adattandosi perfettamente anche ai nuovi arrivati in casa, come i Piwi. Le varietà resistenti sdoganate in Abruzzo vanno a finire nei vini con le varietà classiche, scompaginando ciò che si crede di conoscere. È il caso del Trevvoci di Di Sipio. “Il Trevvoci è un’interpretazione da portare in tavola tutti i giorni e tutto l’anno. Lo si può bere fresco a 10 gradi e diventa perfetto anche per una cucina più leggera. Nasce da un blend di montepulciano, pinot nero e merlot Kanthus in percentuale variabile”. Sebbene i vini da Piwi rossi di strada ne hanno ancora da fare, in blend ha dimostrato di saper essere al passo con i gusti del consumatore che cambiano, aggiungendo carattere laddove ne serve e firmandone l’unicità. È il proseguo di una storia contadina che si fa innovando col coraggio.

Se si possano usare anche in purezza, per ora Paolo non ne è convinto. “C’è un ottimo riscontro sulla novità in bottiglia, sia perché come varietà resistente riesce ad avere più semplicità nella gestione del vigneto, sia per il gusto che conferisce al vino. Abbiamo scelto di aderire al progetto di sperimentazione e abbiamo continuato perché i risultati ottenuti in gestione del vigneto e portata dei trattamenti hanno soddisfatto. Per far sì però, che questo progetto arrivi a compimento attendiamo il montepulciano come clone resistente”. Una posizione questa, sempre più comune tra i viticoltori abruzzesi che rendono necessaria, oggi ancor di più, una ricerca mirata sull’argomento.

Realtà virtuale e intelligenza artificiale. Perché è il momento di non rimandare la discussione

L’esperienza in campo e cantina è una prerogativa per i Di Sipio, tant’è che anche in eventi caotici come il Vinitaly c’è spazio per immergersi letteralmente in un universo più tranquillo. Infatti, in stand è stato possibile sperimentare la realtà virtuale per raccontare il cammino di Cinque dalla terra alla bottiglia. Una presentazione, ma anche un modo per agganciarsi al tema dell’ospitalità diffusa e all’ausilio che la tecnologia può dare. “È arrivato il momento di amplificare tutto ciò che può aiutare nel rendere l’esperienza di cantina interattiva – afferma Paolo – Infatti, ci stiamo muovendo per amplificare le esperienze relative alla sboccatura del metodo classico, dell’imbottigliamento e anche della vendemmia”. Sono tutti strumenti che rendono ripetibile ciò che invece, accade solo una sola volta all’anno.

E quando si parla di tecnologia l’intelligenza artificiale non può che tornare nei discorsi. Dall’agricoltura di precisione fino all’aiuto in cantina, se ben usata non è sostitutiva del fattore umano, piuttosto un aiuto e attento calcolatore in grado di far risparmiare risorse materiali ed economiche. Interessante, no? Secondo Paolo potrà aiutare, come già fa in diversi ambiti. “In futuro prevediamo di prendere in considerazione l’eventualità di usarla per garantire una migliore gestione aziendale a tutto tondo, ma ciò che resta un cardine per noi è sicuramente il fattore umano”. Un proposito per il futuro che va ad unirsi a quello dedicato all’accoglienza, tasto importante per l’Abruzzo che vuole misurarsi con un turismo sempre più destagionalizzato. “Abbiamo acquisito un castello a Loreto Aprutino, chiamato Castello Chiola e qui realizzeremo eventi. Stiamo concludendo per avviare una terza location sul mare”. Puntare sull’accoglienza per i Di Sipio significa dare una nuova vetrina i prodotti che sono frutto di idee in movimento. “In futuro non escludiamo nuove etichette – conclude Paolo – Mio papà è ancora attivo e motore dell’azienda. Questo significa ispirazioni che possono trasformarsi in nuove bottiglie”.

Serena Leo
Serena Leo

Laureata in giurisprudenza, all’avvocatura ho scelto il vino che è diventato il mio lavoro a tutti gli effetti. Come giornalista freelance scrivo per diverse testate del mondo vitivinicolo, dedicandomi a svelarne gli aspetti più curiosi. Da pugliese Docg sono innamorata di questa terra che, molto spesso, ritorna tra le righe dei miei racconti online e su carta stampata. L’obiettivo però, resta sempre lo stesso: svelare cosa c’è in un calice di vino senza perdersi in troppi giri di parole.

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