Legumi umbri: focus sulla tradizione regionale che da anni è ragione di turismo gastronomico

Si è soliti fare bilanci e resoconti su quanto e in che modo il settore agroalimentare sia in grado di influenzare il turismo italiano. In Umbria i casi studio si concentrano spesso e sovente sul mondo dei legumi. La storia legata a questi prodotti affonda le proprie radici in tempi molto antichi e ancora oggi rappresenta un punto di forza per l’intero comparto agricolo nazionale. Grazie a queste colture la regione è spesso definita la tappa vegan friendly preferita dai turisti di tutto il mondo.
La regina dei legumi e la sua storia agricola
Difficile paragonare colture e territori differenti, soprattutto evitando di inciampare in fastidiosi luoghi comuni. Fatto sta che la coltivazione dei legumi rappresenta uno dei migliori modi per preservare la biodiversità territoriale. Lo sa bene la regione Umbria che ha fatto dell’agricoltura un modo per recuperare terreni abbandonati riportando in auge varietà di legumi antichi, altrimenti da considerarsi perduti. Sono molte le aziende che negli ultimi anni si sono dedicate a questa riscoperta e valorizzazione del territorio, mosse proprio dalla volontà di ristabilire quella che è la varietà da sempre legata a queste terre.
Fin dal medioevo, infatti, l’Umbria è associata ai legumi. Alla base delle zuppe contadine vi erano lenticchie, ceci e fagioli. Validi sostituti, nutrizionalmente parlando, della carne, riservata alle classi più abbienti. Con il sopraggiungere e il dilagare dei monasteri in questa porzione d’Italia, questi prodotti della terra divennero la principale fonte di sostentamento anche per la classe monacale. Quello che è il patrimonio storico locale, basato sullo sviluppo agricolo e artistico legato ai ceti contadini e religiosi, è oggi la calamita attrattiva per il turismo gastronomico umbro.

Le varietà di legumi umbri
Questa categoria alimentare occupa una posizione di prestigio in quello che è il mondo gastronomico locale. Rinomati per le proprietà nutrizionali e per la loro sostenibilità, i legumi sono ancora oggi ingredienti ampiamente utilizzati in tutto il mondo. La regione Umbria vanta numerose specie uniche nel loro genere. A tal proposito è impossibile non menzionare la celebre lenticchia di Castelluccio da Norcia. Un prodotto Igp che viene coltivato sulla Piana di Castelluccio situata a oltre 1300 metri di altitudine. Deve la sua prestigiosità al fatto che tuttora si mantengono le lavorazioni di una volta. Il rispetto della rotazione delle coltivazioni è un elemento fondamentale così come l’assenza dell’utilizzo di prodotti chimici. Lavorazioni ancora manuali per prodotti che celebrano la varietà gastronomica italiana. Non meno pregiata è la lenticchia di Colfiorito, dalle dimensioni inferiori e dalle caratteristiche sfumature di colori che rendono più semplice distinguerla dalle altre varietà.
Nelle celebri zuppe umbre non possono mancare i fagioli. Il fagiolo Secondo del Piano di Orvieto è una di quelle colture che si ritrovano anche nei documenti ottocenteschi. Una volta erano abbondanti e diffusi in tutta la regione, mentre oggi è Slow Food che si è presa carico della salvaguardia di questo prodotto che predilige la manualità all’industrializzazione. Altro legume di nicchia è la roveja di Cascia. La si può ricondurre ai piselli comuni ed è tornata in auge grazie alla fortuita scoperta di alcuni semi conservati in un barattolo di vetro in una cantina del posto. Come molte altre varietà, anche questa era stata abbandonata preferendo altre colture meno manuali. Oggi, grazie alla passione di alcuni produttori stanno tornando alla ribalta questi prodotti. Così le cicerchie, le fagioline del Trasimeno, le monachelle della Valnerina e i ceci di Sammarmo non sono più destinati a essere dimenticati, ma sono tornati protagonisti delle tavole italiane.

Poli attrattivi turistici: luoghi agricoli da scoprire
Famosa in tutto il globo è Castelluccio di Norcia. La fioritura delle lenticchie è ormai un momento da cogliere per visitare un luogo unico in un momento così particolare. Castelluccio è l’abitato più elevato dei Monti Sibillini e regna su un singolare paesaggio fatto di altipiani che si colorano durante la fioritura dei legumi. Una meta presa d’assalto tanto da rendere necessaria la regolamentazione delle visite istruendo, quanto più possibile, gli avventori a non stravolgere e intaccare quello che è un patrimonio incomparabile di biodiversità naturale. Grazie all’agricoltura e alla pastorizia del posto si sono mantenuti quegli equilibri che consentono di ammirare faggete, orchidee selvatiche, narcisi, tulipani montani, nonché habitat di numerose specie animali.
Anche la Valnerina è ormai una tappa fondamentale per gli amanti del buon cibo e del turismo consapevole. Un polmone verde dove si alternano coltivazioni di legumi, eremi, abbazie e borghi che diedero casa anche a San Benedetto. La differenza di altitudini aiuta il susseguirsi di paesaggi che ospitano colture diverse e attirano turisti alla ricerca di nuove mete da esplorare. L’Umbria è il chiaro esempio di come il turismo possa essere così sinergico con il mondo alimentare. Si va in loco per scoprire la bellezza del territorio, ma anche per degustarne le prelibatezze, ancor meglio se unendo il tutto in un’unica esperienza.

L’utilizzo dei legumi umbri nella cucina locale
Tutto quanto espresso in precedenza trova la sua ragione d’essere nei piatti della cucina umbra. I legumi diventano protagonisti delle ricette tradizionali come le ricche zuppe. Lenticchie, roveja, fave, cicerchie e fagioli diventano gli ingredienti principali arricchiti da soffritti di verdure ed erbe aromatiche. In una terra come questa anche l’olio extravergine d’oliva contribuisce a rendere il tutto ancora più superlativo, magari accompagnato anche da una grattata di tartufo fresco. Oggi sono anche i grandi chef ad aiutare nell’impresa di rivalutare questi prodotti da sempre associati a una cucina povera e di sussistenza. Basti pensare al progetto Evo Bistrot di Centumbrie sul lago Trasimeno, il cui menu è stato affidato allo chef stellato Gennaro Esposito. In carta sono presenti crema di fagiolina del Trasimeno con pomodori appassiti e pinoli e stagionalmente zuppe di legumi misti.

Un inno alla tradizione povera ripensata in chiave attuale, aggiungendo quel tocco di sfiziosità utile a renderla ancora più appetibile. Non che all’imbrecciata servisse qualcosa in più. Infatti, questa tipica zuppa a pase di ceci, fagioli, lenticchie, farro, verdure, lardo, erbe aromatiche e pane tostato, non ha nulla da invidiare alle più contemporanee ricette presenti nelle carte dei ristoranti gourmet. Anche l’impastoiata è un must da provare in un viaggio nelle terre umbre. Qui si unisce la semplicità di una buona polenta locale ai fagioli stufati. D’altronde, sono i numeri che parlano. La sola lenticchia umbra è in grado di muovere gran parte dell’economia regionale, sia come produttività agricola che come fonte attrattiva per un turismo volto alla riscoperta del territorio. I legumi sono la svolta di un turismo etico e consapevole e l’Umbria è il traino di questa rivoluzione del pellegrinaggio gastronomico.

La foto di apertura è di Matteo Kutufa su Unsplash.