Ode alle orecchiette, icone della pasta pugliese
Basta dire orecchiette e nella mente appaiono immagini di acque cristalline, di feste dedicate a San Nicola, di masserie e di buon cibo. Questo perché stiamo parlando di un formato di pasta che è strettamente legato al territorio pugliese in tutte le sue sfaccettature. La loro forma caratteristica le ha rese celebri in tutto il mondo, ma, ancor di più, la costante presenza delle donne di paese disposte fuori dalle porte di casa come fossero in formazione, tutte dedite alla preparazione di questa pasta fresca.
Una tradizione le cui origini si perdono indietro nel tempo, ma non nello spazio. Il luogo di produzione di questa pasta è ben definito e circoscritto nel territorio tra la Puglia e la Basilicata, anche se è possibile disegnare un cerchio più ristretto nell’area della Terra di Bari. Qui il grano duro del Tavoliere è diventato l’ingrediente principale dell’alimentazione locale fin dal Medioevo, periodo in cui è possibile ritrovare testimonianze di “dischi di pasta incavati con il pollice della mano”. Che fosse la prima apparizione delle orecchiette?
La storia di un piatto nazionale
Il passaggio dalla Terra di Bari all’intera nazione può definirsi recente, ma la storia delle orecchiette è ben radicata in Puglia da molti secoli. Alcune teorie le associano alla migrazione della popolazione ebraica dalla Provenza al Sud Italia. Pare fossero l’alternativa salata all’hamantash, un dolce tipico a base di frutta e semi di papavero la cui traduzione significa: le orecchie di Haman. Le orecchiette del posto, in contrapposizione venivano chiamate “orecchie dei preti”, nome che, ancora oggi, appare in certe località pugliesi.
Dal lato pratico, le orecchiette consentivano un essicamento più rapido rispetto ad altri formati di pasta, motivo per cui si diffusero durante i periodi di carestia medievali e successivi. Testimonianze scritte sono giunte a noi grazie a dei ritrovamenti fatti nell’archivio della Basilica di San Nicola di Bari. Un documento risalente al 1596 attesta che nella dote matrimoniale della figlia di un panettiere ci fosse stata anche la preparazione delle “recchjetedde”. Per gli animi più romantici è stata messa sul piatto anche la teoria che le vede ispirate alla classica forma tondeggiante dei tetti dei trulli.
Il poeta latino Varrone narra di una pasta tondeggiante con incavo concavo ancor prima, citando le lixulae, antenate delle orecchiette. Anche Giambattista del Tufo intorno al 1550 ne fa riferimento citando i “maccheroni incavati di Bari”, attribuendone addirittura la provenienza e appartenenza ad un luogo specifico, uno dei primi casi nella storia del cibo.
Condimenti tradizionali
Tre ingredienti: acqua, grano duro e sale. Il trucco sta nella qualità delle materie prime e nella manualità di chi le prepara. Le orecchiette pugliesi variano il loro nome in base alla zona di produzione e alle dimensioni. Se genericamente vengono chiamate recchie o recchietelle, in provincia di Taranto assumono il nome di recchjetedd o fiaffioli e nella versione di dimensioni ridotte diventano chianchierelle. Per ottenere il risultato classico occorrono tante prove e molta pazienza. L’ausilio di un coltello liscio sarà molto importante al fine di realizzare l’incavo delle orecchiette. Un movimento leggero, per non rompere la pasta, ma deciso, per conferire la tipica forma, prevede che l’impasto venga tirato e poi rovesciato. Il risultato è un lato liscio e uno ruvido e una conca in grado di raccogliere al meglio il condimento.
Immancabili in qualsiasi menu pugliese sono le orecchiette con le cime di rapa. La verdura viene lessata e ripassata in padella con aglio, peperoncino e olio extravergine di oliva. Talvolta questa portata viene arricchita con salsiccia o acciughe, per dar un tocco di sapidità maggiore. Altro must è dato dal binomio tra pomodori secchi e ricotta forte, uno dei prodotti di punta della tradizione casearia della Puglia. Il trittico non può dirsi completo senza il sugo alla crudaiola. La versione estiva a base di pomodori freschi, olio, aglio, basilico e cacio ricotta in scaglie.
Ricette contemporanee
L’ode alle orecchiette non si esaurisce nella tradizione, ma fa un balzo in avanti con rivisitazioni e ricette contemporanee. Nel 2017 è apparsa una delle prime innovazioni grazie ai fratelli Di Gennaro. Al Quintessenza di Trani hanno inserito in carta un’orecchietta all’erborinato di capra, liquirizia e frumento. Azzardo che ha riscontrato il favore della Guida Michelin, ma anche del pubblico locale. È ormai diventato un classico, sempre presente in menù, il piatto a base di orecchiette con ragù bianco di agnello su crema di ricotta della chef Teresa Galeone del ristorante stellato Osteria Già sotto l’arco di Carovigno.
Tra le molteplici fiere e sagre dedicate alle orecchiette, la kermesse Orecchiette nelle ‘nchiosce merita una menzione speciale. Lo scenario di Grottaglie è animato da chef che propongono versioni che escono dall’ordinario. Basta pensare al curioso accompagnamento a base di sorbetto alle cime di rapa e crumble di acciughe. Durante questo evento i piatti degli chef sono accompagnati dai vini delle cantine pugliesi e dalle birre artigianali locali. Per soddisfare ogni esigenza, nelle scorse edizioni, sono state presentate alternative vegane come le orecchiette con salicornia, datterino giallo e pane alle erbe, ma anche senza glutine. Difficile scegliere tra tradizione e contemporaneità, più semplice è constatare quanto questa pasta sia versatile e gustosa in ogni veste.
La Via delle Orecchiette
Non poteva che essere a Bari la Via delle Orecchiette. Un vero e proprio pellegrinaggio per i cultori del cibo, un Cammino di Santiago dedicato ad un piatto di pasta. Sacrilego? No, celebrativo piuttosto. Il vero nome del vicolo è Via dell’Arco Basso e, come fa pensare il nome, è il luogo per antonomasia della Bari Vecchia dove poter ammirare le donne locali intente nella preparazione delle orecchiette. È quasi difficile stabilire l’anno in cui ci si trova percorrendo questa strada; il tempo sembra essersi fermato a quando la fretta non era ancora padrona delle giornate e la gente si ritrovava in piazza per parlare e raccontarsi le novità del giorno.
Qui è ancora così e le signore, armate di sedie e tavoli in legno producono migliaia di orecchiette al giorno. Uno spettacolo ipnotico vederle preparare l’impasto e dare vita a quello che ormai è il classico souvenir da portarsi a casa dopo un viaggio in Puglia. La loro esperienza la si può vedere dalla manualità e dalla velocità con cui alternano l’uso delle mani a quello del coltello per formare il tradizionale incavo. Una volta pronte le ripongono sulle reti per farle essiccare, ma raramente fanno in tempo, la richiesta è sempre alta e i turisti ormai sanno che questo souvenir vale più di qualunque altro.
Grano duro, grano arso, formato classico o gigante. La scelta non manca, ma, ad aggiungersi all’offerta c’è anche la possibilità di degustarle direttamente in loco. Le signore baresi aprono le porte delle proprie abitazioni per pranzi e cene a base di prelibatezze locali. Una sorta di precursore degli attuali home restaurant, che qui è una forma culinaria ben radicata da molto tempo, forse fin da quando le orecchiette erano utilizzate dalle donne per prevedere se il nascituro sarebbe stato maschio o femmina. Noi non possiamo fare previsioni future, ma ci resta la certezza che le orecchiette pugliesi siano un monumento nazionale.
Photo credits (a partire dall’alto verso il basso): Caspar Diederik, Giuseppe Masili, Orecchiette nelle ‘nchiosce (3 foto), Joseph994.