Pizza e vino. Le bollicine nobilitano il pairing con la tonda amata in tutto il mondo

“Andiamo a mangiare una pizza” non è solo un invito, è una coccola. Comfort food per eccellenza, la pizza è uno status symbol tutto italiano, tant’è che “L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” rappresenta l’ottavo riconoscimento italiano nella lista del Patrimonio Immateriale dell’UNESCO e non solo, è la terza iscrizione nazionale nell’ambito della tradizione enogastronomica. Insomma, la pizza è una cosa seria.
Negli ultimi anni la nostra tonda da cibo easy si sta vestendo di nuovi abiti, sempre più gourmet e a volte anche glamour, trasformando le pizzerie in luoghi in cui l’experience gastronomica è garantita. A fare la differenza sono le opportunità e la ricerca. Oggi i pizzaioli studiano tanto, lavorano in sinergia, si discostano dalla tradizione e creano accostamenti di gusto fatti di prodotti territoriali e cotture non più solo tradizionali, con il risultato di volte stupire i commensali davvero con effetti speciali.
Ma la domanda che ci si pone però, menù alla mano, è sempre la stessa: cosa ci beviamo su? Il binomio vincente è sempre stato pizza e birra, tant’è che un terzo degli italiani accompagna la tonda a una bionda schiumosa e luppolata. Le cose però, cambiano. A scegliere il vino in pizzeria oggi, è circa l’8% delle persone e con una percentuale in aumento, soprattutto quando si parla di bollicine italiane e quasi casalinghe. Capiamo il perché.

Gli spumanti piacciono, lo dicono i dati
Di spumante in Italia se ne produce davvero tanto, anche in Italia sì. Sono passati gli anni in cui solo le zone blasonate come Champagne ne detenevano il primato, quindi anche prezzi più che elevati. Con la Prosecco Revolution tutto è cambiato e così, le bollicine delle zone meno note hanno iniziato a trovare uno spazio in cui diversificare è la parola d’ordine. La situazione è la seguente: la produzione nazionale di bolle arriva a sfiorare il miliardo di bottiglie prodotte ogni anno e il 70% viene venduto all’estero. Ai 300 milioni di bottiglie che restano in Italia si deve sommare il peso di Champagne (di cui se ne bevono quasi 10 milioni di bottiglie, assieme ad altre bollicine minori). Facendo due conti si può dire che il perlage ci piace davvero tanto e in ogni occasione, non solo per le feste.
Se a ciò ci aggiungiamo che la bollicina, con la sua effervescenza vivace ed eleganza negli aromi, va ad accompagnare i topping più svariati, dai tradizionali come quelli della margherita fino ad audaci accostamenti, un calice di spumante diventa un passepartout a tutti gli effetti.
Ad aggiungersi a questa rivoluzione è una crescente attenzione al mondo del vino da parte non solo degli addetti ai lavori, ma anche dei semplici appassionati che scelgono di scoprire sempre di più del mondo del vino, interessandosi a territori, ma anche a semplici storie romantiche di vignaioli innamorati della propria terra. Il vino quindi, diventa un’occasione per incuriosire il cliente anche in pizzeria. Chi ha iniziato per primo a parlare di pairing in pizzeria ha rischiato grosso ma in maniera consapevole, quindi oggi sta vivendo un momento felice in cui la tonda riesce a sposarsi bene anche con un calice. Che sia di bollicina benissimo, ma anche di fermo va bene. Il tutto è a discrezione di chi mangia, come sempre del resto.

Il pizzaiolo e le degustazioni: a che punto siamo?
Pian piano il vino ha saputo crearsi il suo spazio nelle carte drink in pizzeria e forse per questo motivo i pizzaioli hanno iniziato a ingegnarsi per tenere di più al tavolo i propri ospiti, magari offrendo loro qualcosa che andasse ben oltre il classico “tempo di una pizza”. Ecco quindi, come nascono le experience fatte prima di studi sulle lievitazioni, in modo da dare all’impasto maggiore tenuta e maggiore gusto, digeribilità compresa. Si è sperimentato tanto certo, a volte anche troppo, con delle idratazioni e mix di farine a limite, ma alla fine oggi, si arriva ad avere un prodotto di alto profilo e invitante.
Altro discorso riguarda le cotture. Sempre in fase di sperimentazione non solo sugli impasti, ma anche le cotture fanno la differenza e invogliano il cliente a optare per una bolla. La pizza non è più solo cotta in forno, ma è a vapore, fritta, o fritta e al vapore, o addirittura liquida in alcuni casi. Ecco, la pizza si arricchisce così di diverse sfaccettature e diventa un divertente disco su cui adagiare ingredienti che non sono più solo casuali.
Se la si riteneva un piatto povero fino a qualche tempo fa, quindi con ingredienti anche molto semplici da accoppiare, oggi a fare da padroni non sono solo i salumi e la mozzarella a tutti i costi, quindi “se non mangi la mozzarella sei finito”. Anche il pesce, crudo, cotto, addirittura frollato, può diventare complice di una serata in pizzeria.
I pizzaioli si trasformano in cuochi alla ricerca del giusto accostamento di sapori, e se poi questi esprimono il territorio tanto meglio. I menù, infatti, diventano l’occasione per un viaggio per l’Italia gastronomica. Alcune pizzerie scelgono di tracciare il percorso che gli ingredienti fanno dalla propria terra d’origine fino al piatto e altri, invece, scelgono di giocare sull’esclusività. Tante le chiavi di lettura che ci portano a pensare a un abbinamento con il vino che debba saper fare la sua parte, non solo dal punto di vista gustativo, ma di racconto di dove si è. Un vino di un certo territorio si abbinerà perfettamente con il cibo tipico della proposta da bere. Che ci si trovi nel pieno della Campania in cui la pizza con un Asprinio di Aversa funziona alla grande, oppure che ci si trovi in Lombardia e si brinda con un Franciacorta, il piacere è tutto ancora da scrivere.

La rivalsa dell’autoctono, non più solo fermo
Ad incuriosire non sono più solo e soltanto le etichette blasonate, oppure le grandi bollicine, piuttosto piacciono le piccole perle che il territorio circostante può dare. In un’unica parola la bollicina, se da autoctono, magari prodotta da piccole cantine, ci sta bene sulla pizza e la serata si veste di esclusività.
Il nostro mercato del vino, bollicine comprese, è in un momento di sperimentazione e si cerca di spumantizzare anche ciò che, fino a qualche tempo fa, avrebbero bocciato i gota del vino. Quindi via alla riscoperta di varietà dimenticate bianche e rosse, perfette per diventare spumante blanc de noir o blanc de blanc. Le zone che stanno dando soddisfazione sono certamente quelle a trazione bianchista come la Campania con l’Asprinio di Aversa, il Greco spumantizzato o con il Caprettone sempre più vulcanico. Scendendo si fa ben parlare del Susumaniello pugliese in bolla o del Nero di Troia rosé, senza dimenticare il caso vincente del Bombino Bianco. Da non dimenticare però, sono i grandi delle bollicine come Franciacorta, Prosecco per numeri e risonanza, e la timida Alta Langa che sta portando a casa ottimi risultati.
Caratteristici di una certa terra, ma dai grandi corredi gusto-olfattivi, gli autoctoni finiscono solo nelle pizzerie in cui c’è qualcuno in grado di saper vendere le etichette in carta. Si, perché il segreto sta tutto lì.

Carta dei vini: troppo tardi o troppo presto?
C’è chi la chiama utopia e chi invece, ci prova a costruirne una da zero, creando quasi una tradizione. Nelle pizzerie che credono nel vino non è raro trovare una carta vini che cerca di esprimere il territorio e di compiacere i wine lovers. Si parte sicuramente dal circondario, quindi dal territorio e dalle referenze vicine alla pizzeria, ma per chilometri si intende. È un po’ una scelta obbligata se vogliamo, ma è anche un trampolino di lancio verso nuovi mondi. Ad oggi le pizzerie che in carta puntano tutto sulle bollicine ce ne sono, ma non sono ancora abbastanza. Si fa più fatica a introdurre un pairing così ambizioso seppur perfetto a livello palatale, ma si pensa sempre a un rosato come abbinamento primordiale e come “vorrei ma non posso” se proprio si vuole stravolgere la tradizionale pizza e birra.
Ma costruire una carta vini oggi, a detta dei pizzaioli resta ancora un rischio da combattere tanto per un pairing con una tonda completa, quanto per uno spicchio. Infatti, la paura di non riuscirlo a vendere è frutto di una mancanza di consapevolezza delle grandi potenzialità che la pizza sta acquisendo nell’immaginario collettivo del quando si esce a cena. La pizza può essere davvero un ulteriore banco di prova per essere accoppiata anche col vino, per essere considerata un piatto completo e dignitoso, e non come un figlio minore della cultura mediterranea. Bisogna però, saper investire su di questo, prima investendo nelle persone e nella loro formazione.
Il consiglio è provarci perché non è mai troppo tardi per rendere il proprio locale non unico, ma ben allineato con il discorso vino che nel nostro Paese conta e produce ricchezza. Per una chiave di racconto enogastronomico più completo con il calice che sostituisce il boccale, o lo affianca con grande piacere, può diventare un’occasione di arricchimento culinario e culturale, di piacevole condivisione più rilassata, interessante e intrigante.
