Salumi piacentini, un patrimonio da celebrare
Il maiale è un patrimonio inestimabile nell’alimentazione del piacentino. Se oggi è possibile degustare prodotti come il Salame Piacentino DOP, la Coppa Piacentina DOP e la Pancetta Piacentina DOP lo dobbiamo agli Etruschi. Le popolazioni che si insediavano nella zona della Pianura Padana trovavano a loro disposizione maiali selvatici e cinghiali. Dedite alla caccia, queste realtà, misero a punto anche delle sapienti tecniche per conservare le carni nel tempo. La salagione consentiva anche il trasporto e il commercio di questi tagli che divennero così apprezzati in tutto il bacino del Mediterraneo.
Un binomio, quello tra i maiali piacentini e il sale proveniente dalla riviera adriatica, che i Galli Boi sublimarono a tal modo da conquistare anche il difficile palato di Annibale, che transitò in queste terre dopo la battaglia sul Trebbia del 218 a.C. L’allevamento vero e proprio dei suini nel piacentino è iniziato nel Medioevo, quando le popolazioni barbariche hanno intrapreso questa tecnica di semilibertà in boschi stabiliti in funzione della quantità di cibo che potevano offrire. In questo periodo ha inizio anche la regolamentazione giuridica dell’attività con l’istituzione della figura del porcaro, un vero e proprio riferimento per l’epoca. Da allora di cose ne sono cambiate come la nascita del Consorzio dei Salumi Piacentini nel 1971, ma è rimasta invariata la passione che l’uomo nutre nei confronti di questi prodotti.
Salame Piacentino DOP
Un insaccato a grana grossa dove le parti magre del suino si fondono con quelle grasse in quello che entra a far parte degli antipasti della cucina piacentina per eccellenza. Maiali rigorosamente allevati tra Emilia-Romagna e Lombardia e lavorati esclusivamente nella provincia di Piacenza e fino ai 900 metri s.l.m. Un legame con il territorio che si fa sentire, quindi, anche nel disciplinare di produzione che lo unisce ancor di più a queste terre.
La lavorazione del Salame Piacentino DOP prevede l’utilizzo di un 10-30% di parte grassa proveniente da lardo, gola e pancetta che va a unirsi con la parte magra passando in un tritacarne con fori larghi. Questo salame, infatti, è classificato a grana grossa. Il condimento a secco prevede l’utilizzo di sale, pepe, noce moscata, aglio, zucchero e vino. Di vitale importanza è la fase della stagionatura che avviene per un periodo mai inferiore i 45 giorni e in ambienti idonei per umidità e temperatura.
Le condizioni di consumo tradizionali richiedono un taglio in obliquo e una temperatura di servizio intorno ai 10 °C. Ottimo con i vini DOP Colli Piacentini e accompagnato dalla locale burtleina a base di acqua e farina.
Coppa Piacentina DOP
Come il Salame Piacentino DOP, anche la coppa prevede il rispetto della provenienza geografica delle materie prime e della loro lavorazione che deve avvenire entro le 72 ore dalla macellazione. Il taglio oggetto di trasformazione è il muscolo cervicale che viene massaggiato con sale e spezie durante la salagione a secco a cui segue un riposo in celle frigorifere di sette giorni. Segue l’essicazione e si conclude con la stagionatura per almeno sei mesi.
Come gli altri salumi locali fa parte di quel patrimonio storico conosciuto anche in passato con il nome di roba de Piaseinsa. Un richiamo al dialetto locale come segno di appartenenza ad un territorio dove le testimonianze di queste lavorazioni non si sprecano. Sono stati rinvenuti dei reperti archeologici precristiani raffiguranti il maiale, ma è possibile ammirare un mosaico dedicato al rito della macellazione anche all’interno dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio.
La Coppa Piacentina DOP va tagliata da fredda e consumata ad una temperatura intorno ai 10°C. si sposa bene con lo gnocco fritto ed è impiegata anche in ricette locali come risotti e secondi piatti a base di carne.
Pancetta Piacentina DOP
Come parte del grande trittico, anche la Pancetta Piacentina DOP segue le indicazioni geografiche dei precedenti prodotti. Il cuore delle lavorazioni, in questo caso, è il pancettone, taglio che viene squadrato e successivamente salato a secco con una miscela di sale, pepe e spezie. Al riposo di dieci giorni in cella frigorifera segue la raschiatura per eliminare l’eccesso della salagione. Dopo l’arrotolatura si ha la cucitura, fase che precede la stagionatura la cui durata non è mai inferiore ai quattro mesi.
Come parte del grande trittico, anche la Pancetta Piacentina DOP segue le indicazioni geografiche dei precedenti prodotti. Il cuore delle lavorazioni, in questo caso, è il pancettone, taglio che viene squadrato e successivamente salato a secco con una miscela di sale, pepe e spezie. Al riposo di dieci giorni in cella frigorifera segue la raschiatura per eliminare l’eccesso della salagione. Dopo l’arrotolatura si ha la cucitura, fase che precede la stagionatura la cui durata non è mai inferiore ai quattro mesi.
La Pancetta Piacentina DOP si distingue dalle altre per via dell’arrotolatura, questo fa sì che la miscela di spezie riesca a toccare una superficie maggiore rispetto alle classiche pancette tese e che, quindi, il sapore sia più intenso e persistente. Un buon prodotto si riconosce dal modo in cui si scioglie al palato; qualora mancasse questa caratteristica, significa che la stagionatura è stata accelerata e non è stato rispettato il tempo indicato dal disciplinare.
La tradizione vuole che la pancetta venga consumata cruda come antipasto, ciò non toglie che possa essere impiegata come ingrediente per altre ricette. Ottima come soffritto per un primo piatto tipico della tradizione locale come i pisarei e fasò.
Mariola e Goletta
L’inventario dei salumi piacentini non si ferma alle tre DOP internazionali. Esistono dei prodotti di nicchia, forse meno conosciuti, ma non per questo meno pregiati. La Mariola è sicuramente uno di questi. Siamo sul confine tra Piacenza, parte del cremonese e la bassa parmense e si presenta sia nella versione cotta che cruda. In passato quest’ultima era riservata al ceto alto; i signori preferivano la complessità aromatica data dalla stagionatura, mentre i più poveri, che non si cimentavano in una così complessa lavorazione, la consumavano cotta, come un cotechino.
Il nome della Mariola deriva dall’omonimo budello in cui viene insaccata, proprio come indica il vocabolario Piacentino-Italiano di Lorenzo Foresti del 1883. Da ogni maiale si ricavava un solo insaccato, per questo è sempre stata associata alla ricchezza. Oggi è un Presidio Slow Food, denominazione che sta facendo rinascere la voglia di scoprire questo prodotto.
La Goletta è uno degli insaccati più antichi della norcineria piacentina. A differenza degli altri salumi, i requisiti di peso del maiale macellato sono differenti. Il suino deve raggiungere i 200 chilogrammi in circa 10-11 mesi per soddisfare i canoni di produzione. Questo fa intuire che non si tratti di un prodotto magro, ma più assimilabile a un guanciale con una sostanziale differenza rispetto a quest’ultimo: la stagionatura che varia dai 3 ai 5 mesi. Ottima cruda in un panino, ben si presta a lardellare delle carni e a realizzare ottimi soffritti.
Le Strade dei Salumi
Come le antiche Vie del Sale che collegavano il mare alla pianura, anche Piacenza ha le sue strade dei salumi. Luoghi identificativi dove i viandanti erano certi di potersi rifocillare con un buon pasto e degli ottimi vini. Dal piacentino passano molti pellegrinaggi religiosi, dalla Via Francigena che conduce a Roma, all’ostica Via degli Abati che collega Pavia a Pontremoli. Tratti percorsi dai fedeli, ma anche dai commercianti che qui trovano rotte inedite e interessanti.
Il lascito storico dei Salumi Piacentini è da attribuirsi anche alle vie fluviali del territorio, costituite dal Po e dai suoi affluenti. È così che il sale adibito alla conservazione degli insaccati è arrivato dalle coste adriatiche, così come è da associarsi anche ai corsi d’acqua il particolare clima che ben si presta alla stagionatura dei prodotti.
Si conclude questo viaggio nelle terre dei salumi, senza dimenticarsi della Bondiola, antico antenato della coppa e del Brachettone, lo stinco stagionato di Bobbio. Una Piacenza dove il maiale è un pilastro fondamentale dell’alimentazione, ma anche della cultura.